martedì 19 novembre 2013

PRENOTATE SIN DA ORA LA NUOVA AGENDA 2014 DI MAREA
solo 7 euro (5 a copia se ne prenotate 5 copie); un utile regalo di Natale!

Come ormai da 4 anni l’ultimo numero di Marea è una agenda, ogni volta con un tema diverso ma con all’interno,settimana per settimana e giorno per giorno, brevi ‘memento’ sulle date più significative che compongono la strada delle conquiste e dei diritti delle donne in Italia e nel pianeta.

Per il 2014 abbiamo pensato di mettere in luce le frasi più interessanti e significative che il femminismo ha coniato, e abbiamo chiesto ad altrettante femministe, studiose scrittrici e attiviste di illustrarle e commentarle.

Dentro i giorni e i mesi, poi, abbiamo deciso di trascrivere le frasi ‘celebri’ di donne del mondo.

E’ un’ottima occasione per un regalo natalizio utile: come fare?
Se vuoi regalarne una copia ad un’amica ci dai il suo indirizzo e sarà nostra cura mandarla con un biglietto da parte tua (il costo è di 7 euro più 2 euro di spese postali).
Se ne acquisti da 5 copie in su il prezzo (che per una copia è 7 euro) scende a 5 euro, e ti verranno spediti a casa.

Vi ricordiamo inoltre che sono sempre disponibili, come regali di Natale, i libri della nostra collana editoriale (A furor di popolo di Lidia Menapace e Uomini che odiano amano le donne-virilità sesso violenza: la parola ai maschi di Monica Lanfranco) nonché i due cd audio e i video su PuntoG.

Tutte le informazioni le trovate al sito www.mareaonline.it

PRENOTATE SUBITO LE VOSTRE COPIE DELL’AGENDA ALLA MAIL
monica.lanfranco@gmail.com

domenica 17 novembre 2013

Ora che sono tornata da Modena, dove abbiamo attuato il laboratorio di Manutenzioni-Uomini A NUDO. La piece teatrale , faccio tesoro delle enormi energie positive ricevute dopo questa straordinaria esperienza. In attesa di partire per Pinerolo, dove il debutto sarà il 28 novembre, invito chi avesse curiosità di sapere di più sulla piece e sul laboratorio di teatro sociale per uomini da realizzare ovunque a vedere le informazioni sul progetto sia al sito http://manutenzionilapiece.wordpress.com/2013/04/29/manutenzioni-uomini-a-nudo-come-nasce-il-progetto-teatrale/ sia alla pagina facebook dedicata. 
Più riusciremo a moltiplicare anche questi laboratori più uomini verranno coinvolti, e maggiore sarà il lavoro capillare di cambiamento culturale contro la violenza maschile per una nuova maschilità.

domenica 15 settembre 2013

Politica, sostantivo femminile: appunti dal seminario di Officine dei saperi femministi ad Altradimora


Da dove comincio? Dico che dopo cinque anni e sei seminari (abbiamo iniziato nel settembre 2009, su stimolo di Erminia Emprin Gilardini che suggerì il bel titolo di Corpo indocile per il primo appuntamento) si può affermare che il nostro incontro annuale è ormai una tradizione?

O forse la vera notizia è che, nonostante l’argomento di quest’anno, (la politica!) l’età media delle partecipanti era davvero bassa, grazie ad un gruppo di under 30 inaspettato?
O che le facilitazioni introduttive sono state intense e dense e con una carica notevole di progettualità, tanto da spingerci a pensare ad una ipotesi di concretezza che sta germogliando in molte?

Chi non ha partecipato al seminario potrà, ascoltando i materiali audio e video che sono disponibili sul nostro podcast www.radiodelledonne.org (oltre che alle immagini) farsi una idea di quello che è circolato lì dal 6 all’8 settembre.

Certo non è la stessa cosa ascoltare rispetto all’esserci: la cifra di Officine dei saperi femministi è infatti, sin dal progetto di Altradimora, www.altradimora.it quella sì dell’elaborazione, ma anche dell’incontro fisico. 

 
Ad Altradimora, che nasce come il progetto di una femminista (io che scrivo), e si offre come opportunità collettiva per quelle molte e molti che hanno bisogno di un luogo concreto, con spazi individuali e collettivi dove lavorare, progettare, formare, scambiare, creare, mangiare, bere, fare teatro, cucina danza, yoga, meditazione, vacanze e oziare, complice la vicinanza delle terme di Acqui e le dolci colline dell’alessandrino, non si arriva appunto solo per crescere intellettualmente.
Laura Guidetti, infaticabile compagna di strada in questa avventura (come nella prima, dal 1994 con la rivista Marea), ed io, assieme ad altre donne che nel cammino si sono aggiunte nella condivisione che porta ogni anno a sbocciare con il seminario, teniamo a evidenziare il carattere anche fisico ed estremamente concreto del progetto di Altradimora: il seminario è sì un momento di scambio intellettuale e di discussione teorica sull’argomento, ma è anche stare insieme, mangiare, bere, passare notti insonni a chiacchierare oppure a riposare accanto alle altre.
Fare letti, congelare polpettoni vegetariani e torte di riso e verdure, scrivere i nomi di chi dormirà sulle porte delle stanze, piegare e sistemare asciugamani è per me altrettanto parte attiva e politica quanto preparare il numero della rivista che di solito anticipa di qualche mese l’appuntamento.
Provare a tenere assieme mente, sogni, progetti, quotidianità e corpo è, insomma, il tentativo che ogni volta, almeno per me, costituisce il lavoro e il senso del seminario, e dell’intero progetto di Altradimora e delle sue Officine.
Del resto nessuna delle iniziative che abbiamo organizzato nel tempo, da Punto G 2001 al suo decennale nel 2011 passando per tutti gli appuntamenti nazionali e internazionali di Marea è stata mai ‘solo’ curata nel suo aspetto di contenuto intellettuale: chi vi ha partecipato potrà raccontare di cene, pranzi e colazioni fatte in case non perfette, ma di certo orientate all’ospitalità e al piacere di stare assieme.
Forse è proprio questo laboratorio che non esclude la vita quotidiana, immettendola dentro alla riflessione, a dare lo slancio che ogni anno, la domenica prima del commiato, ispira il tema del seminario dell’anno dopo: è successo così anche quest’anno, e mentre stiamo organizzando il materiale filmato per renderlo disponibile già si pensa all’appuntamento, anzi agli appuntamenti, per il 2014.
Come nel 2011, infatti, è molto probabile che i seminari di Officina dei saperi femministi nel 2014 saranno due: uno a maggio e l’altro, quello ormai tradizionale, a settembre ( la data è già certa, 5, 6, e 7). 
Per maggio sembra sia in procinto di decollare un incontro ‘misto’ con gli uomini (a partire dalla proposta  partita dal libro Uomini che odiano  amano le donne e dal progetto teatrale per uomini che ne è scaturito, mentre sarà l’intreccio tra pratiche nonviolente, violenza, corpo e responsabilità a farci discutere a settembre.
Altradimora è a disposizione per chiunque, singola/o in gruppo, desideri fare incontri, formazione, seminari e immaginare altri mondi e modi per fare società.

sabato 7 settembre 2013

Global Kiss-in a Genova

Oggi, 8 settembre, evento internazionale di protesta contro le leggi anti-gay di Putin: le proteste sono organizzate davanti ai consolati russi, ma (essendo il consolato decentrato) a Genova l'appuntamento è in via Ghirardelli Pescetto 16, alle 15. #toRussiawithLove

No alla guerra, perché il fuoco non si combatte col fuoco

Risolvere un conflitto con la guerra? certo, come spegnere un incendio con l'alcol. «Non possiamo ignorare attacchi con armi chimiche come questo», ha detto Obama. Giusto. «Non rispondere a questo orribile attacco aumenterebbe i rischi di.. eccetera eccetera». Ma la cosa che salta all'occhio è che "rispondere" possa significare solo fare altro fuoco e guerraLa Resistenza è una cosa, la guerra un'altra: ed è sempre un problema. Apprezziamo la posizione espressa dal sindaco di Genova. E aggiungiamo: dobbiamo tutti cambiare mentalità e metodo.
Condividiamo dunque la riflessione proposta dal blog-Italia.

martedì 11 giugno 2013

Politica,sostantivo femminile. Il seminario annuale di Altradimora dal 6 all'8 settembre: il programma

ALTRADIMORA - OFFICINA DEI SAPERI FEMMINISTI - MAREA

Sesto incontro annuale


POLITICA, SOSTANTIVO FEMMINILE

ALTRADIMORA Caranzano (AL) – 6,7,8 SETTEMBRE 2013

DI COSA PARLEREMO

Forse, quando nel settembre 2012 all’ultimo seminario di Altradimora su Storia delle donne/storia di donne abbiamo deciso che l’appuntamento del 2013 sarebbe stato sulla politica eravamo, al solito, preveggenti, ma una situazione così complessa, difficile e a tratti inquietante, almeno per alcune di noi, non era attesa.
Una delle difficoltà più grandi che ha incontrato l’analisi sulla politica di molti gruppi e singole femministe è stata quella di parlare spesso una lingua lontana e criptica, e di sottovalutare che da oltre due decenni non era più chiara, nella realtà come nella percezione di essa, la differenza tra la politica e i partiti.

Una delle parole, e dei concetti, maggiormente usate dal fraseggio femminista è stata estraneità: un atteggiamento chiarissimo e puntuale, che però ha contribuito a isolare le femministe e le attiviste, facendo emergere da una parte soggettività femminili neutre (a destra ma anche a sinistra) e dall’altra spingendo l’onda che sembrava riemersa con Snoq, (dopo Usciamo dal silenzio e il ritorno in pista dell’Udi), nella risacca del trasversalismo, propugnando la sacrosante presenza femminile in ogni dove, ma senza dire quale segno di femminile e di politica femminile fosse necessario. Una posizione che, con brutta ma efficace parola, è stata chiamata donnismo: più donne basta che siano donne, senza ragionare su cosa, e come, queste donne vanno a fare, dire, disfare e proporre.

Rispetto ad altri paesi europei è sembrata impossibile anche solo da pensare e da ragionare la proposta di una lista solo di donne (e di femministe), anche senza configurarsi come un partito, o comunque rompendo la logica del legame stretto e necessitante con le strutture tradizionali: al grande incontro di Paestum, che poteva essere uno dei luoghi dove ragionarne, non è emerso molto su questo.

Ora, con l’imperare della antipolitica come sinonimo del rifiuto rabbioso non tanto dei partiti, ma della politica stessa come luogo dove si elaborano insieme le priorità, i bisogni e i desideri delle donne e degli uomini che abitano e danno corpo alla cittadinanza, l’emergenza è quella di ritrovare senso. Intanto di tornare a fare e a dire della politica come politica delle donne.

Trovare ponti verso le donne, anche più giovani ma non solo, che oggi sono dentro alla politica (nei movimenti come nelle istituzioni) ma che non hanno la percezione dell’importanza della differenza di genere, e sono formidabili portatrici d’acqua nel mare della neutralità.
Ponti per arginare l’ennesima cancellazione non solo delle donne come corpi, ma come intelligenze e visioni lontane e antitetiche a quelle del patriarcato.
Ponti, iniziative e pratiche che formino, anche, le e i giovani alle priorità della politica: non solo, giustamente, diminuzioni di stipendio al parlamento, ma anche rinarrazione sistematica della storia dei diritti e delle analisi dei femminismi.


Né estranee, né cooptate, né indifferenti, né escluse dalla politica.
L’incontro di Altradimora (dal 6 all’8 settembre 2013 vorremmo porre al centro visioni, strumenti e progetti politici con ottica di genere che ci mettessero tutte in grado, chi da fuori chi da dentro le istituzioni, di non indebolire l’azione comune e di non cancellare, con il disconoscimento per ignoranza e incuria, la ricchezza prodotta da quattro generazioni di donne.


 COME NE PARLEREMO

La modalità dei nostri seminari è quella circolare e non frontale, e prevede facilitazioni introduttive per offrire stimoli a chi partecipa per poi condividerli nella discussione collettiva. Le facilitazioni sono filmate e poi rese disponibili e scaricabili al sitowww.radiodelledonne.org

PROGRAMMA

Venerdì 6 settembre: dalle 18 arrivo partecipanti, cena e video

Sabato 7 settembre: dalle 8,30 colazione, inizio seminario  9,45 fino a 13,30
Buffet
Dalle 15 alle 19,30 seminario
19,30/20,30 attività per il benessere
21 cena

21,45 LISISTRATA - spettacolo teatrale della Compagnia teatrale STREGATTI

Domenica 8 settembre: dalle 8,30 colazione, inizio seminario 9,45 fino a 13,30
14 Buffet e saluti

PRIMA DEL BUFFET FINALE: MERCATINO LIBERATO
Portate da casa oggetti usati: vestiti, libri, accessori  da barattare.
Li scambieremo divertendoci!

Chi abbiamo invitato a fare gli interventi di apertura e facilitazione al dibattito, per consentire di fornire elementi per la discussione comune a partire dalle loro esperienze politiche glocal:

Paola Lanzon, Presidente Consiglio comunale, Imola
Daniela Dioguardi, Udi, Palermo
Valentina Bazzarin, ricercatrice precaria Bologna
Adriana Nannicini, femminista, psicologa, Milano
Antonella Cunico, Femminile plurale, Vicenza
Erminia Emprin Gilardini, Altradimora/Marea, Corciano
Cecilia Cortesi Venturini, consigliera di parità, avvocata, Parma
 Laura Cima, Laboratorio politico, Torino
Rosangela Pesenti, Udi, Gruppo Sconfinate Romano di Lombardia
Annamaria Sarzotti, Donne in movimento, Val Susa

 Sistemazione:

- Stanze casa principale da 2/3/4 posti letto con bagno al piano con colazione, fino a esaurimento (20 €).
- Posti letto in dependance (accanto alla casa principale) in grande spazio comune, con bagno e con colazione (15 €).
- Posti tende (tre a disposizione e altre da portare: 5 € a notte con colazione)
Cene e pranzi vegetariane a buffet 10 €, merenda gratuita
Spettacolo LISISTRATA a offerta libera
Quota di partecipazione per tutte 10 €

Gradite, se possibili, bottiglie di vino e dolci da condividere

ABBIAMO MANTENUTO I PREZZI BASSI DEL 2012 PER CONSENTIRE A CHI FOSSE IN DIFFICOLTA’ ECONOMICA IN QUESTA FASE DI POTER CHIEDERE UNO SCONTO.

SE CI SONO PROBLEMI DI INTOLLERANZE ALIMENTARI SEGNALARLO ENTRO IL 25 AGOSTO
 Come arrivare:

In treno la stazione d’arrivo è Acqui Terme, (8 km da Caranzano) oppure Cassine (4 km da Caranzano). Facendo sapere per tempo l’orario di arrivo organizziamo navette.
In auto da sud si esce a Alessandria e si prende per Acqui Terme, Rivalta Bormida poi Cassine, e al bivio si gira per Caranzano. Da Nord, si esce a Ovada, poi verso Acqui, Rivalta e poi Cassine. La casa è subito dopo la chiesa.
Prenotazioni (entro il 25 agosto) e informazioni:
Monica Lanfranco 347 0883011 monica.lanfranco@gmail.com
Laura Guidetti 333 3444869 lauraguidetti@aliceposta.it

mercoledì 29 maggio 2013

Il grande cuore di Franca Rame, la sua lotta per tutte le donne

Per chi appartiene alla generazione degli anni ‘60, per chi ha fatto politica e attivismo a sinistra e nei movimenti delle donne Franca Rame è stata prima di tutto una voce, e un corpo. La sua parole scandite con voce arrochita nei teatri italiani, la sua presenza scenica potente, pure nella strabordante preminenza di quella del suo compagno Dario Fo sono vivissime nella mente di chi ebbe la fortuna di ascoltarle.
Quelle parole, in particolare: la sua testimonianza di stupro.
Con un coraggio straordinario Franca Rame dette voce a tutte le donne violentate, in tempi in cui ancora poco si parlava di stupro. Calcò la mano sulla matrice dell’odio maschile verso di lei, verso il suo corpo di donna, che in quel caso veniva da uomini fascisti che la odiavano perché comunista, ma riuscì a mettere in luce, forse per la prima volta in modo chiaro e preciso, che la violenza sul suo corpo andava oltre il disprezzo politico: era la punizione scelta nei suoi confronti perché era una donna, prima di tutto, e una donna la si violenta per distruggerla, mortificarla, annullarla. Un messaggio per lei, e per le altre. Tutte.
Ascoltai quel monologo a Genova, in un teatro periferico perché erano tempi nei quali la proposta Fo/Rame non poteva calcare le scene dei teatri accreditati dai salotti buoni. Lo stupro di Franca, raccontato da lei pubblicamente nonostante le minacce di morte ricevute dai suoi aguzzini, diventato un pezzo di storia dolorosa del percorso della libertà delle donne italiane, oggi viene per fortuna rilanciato attraverso i social media e la rete, e va condiviso e proposto nelle scuole, così come anche il documentario Processo per stupro, che la Rai trasmise a ora tarda scatenando le ire di mezzo paese.
Il monologo di Franca Rame non fu sempre accolto, anche a sinistra, con benevolenza: accanto infatti all’ovvia acredine fascista, che si rovesciò su di lei giubilando perché una “cagna comunista era stata giustamente punita” ci fu chi stigmatizzò il suo “eccesso femminista”: Franca Rame andava bene finché stava in ombra a fianco del grande Dario, ma quando si mise in prima fila con quell’outing ruppe, anche a sinistra, un tabù.
In un’intervista che ebbi la fortuna di farle proprio dopo quella esibizione genovese mi disse, lei che era stata violentata da squadristi di destra: ”La violenza sulle donne non ha colore, è fatta sulla donna perché è una donna. E viene da ogni parte.”
Una affermazione, allora come ora, di enorme coraggio e lucidità.
Monica Lanfranco, 29 maggio 2013

martedì 14 maggio 2013


Se 89 anni vi sembran pochi….
Incontro con una donna che ha fatto la Storia
Lidia Menapace racconta il secolo breve

Ecco il file dell'incontro svoltosi sabato 11 maggio 2013 ore 18 Genova Palazzo Ducale, sala Munizioniere

lo potete scaricare da questo sito www.radiodelledonne.org

lunedì 15 aprile 2013

Voglio una donna al Quirinale

Sono solo cinque parole, ma hanno un peso specifico notevole.
Sono pronunciate come un mantra, con intonazioni varie e diverse, come diversi tra loro sono i volti, le età, le storie, gli orientamenti culturali e le attività delle donne delle oltre 50 tra associazioni, gruppi, categorie lavorative e realtà femministe italiane che hanno pensato al video dove di colorato ci sono le insegne e i loghi dai quali ciascuna parla: sono giornali femminili e femministi, gruppi impegnati contro la violenza, storiche associazioni politiche, siti online, blog.
Rappresentano una piccola parte della ricchezza caleidoscopica e faticosa da tenere insieme, talvolta litigiosa e irriconoscente verso le sue stesse simili, che in questo paese è costituita dalle centinaia di migliaia di donne che ogni giorno fanno attivismo politico, culturale e sociale, dando vita al movimento delle donne italiano.
Questa volta, su questo specifico obiettivo, questa moltitudine si esprime con chiarezza, senza dubbio, in una frase limpida: “Voglio una donna al Quirinale”, dicono tutte.


Pochi giorni fa sulla rete è circolato anche il video di un gruppo di attori e attrici che si sono esposti per Emma Bonino presidente, ed è inevitabile che, sebbene l’appello tutto femminile non pronunci un nome, il pensiero corra verso questa opzione, pure molto appezzata nei vari gruppi e movimenti femministi.
Emma Bonino è, al di là di scelte che possono essere state nella storia politica recente anche fortemente contestate, una tra le più preziose e tenaci attiviste che si è battuta in prima persona, e senza mai pentirsi né arretrare, per l’ottenimento dei diritti civili delle donne, e questo non è in discussione. Senza di lei, senza Adele Faccio e Adelaide Aglietta questo paese sarebbe meno libero e meno laico di quanto purtroppo tuttora non sia.
Difficilmente tra donne ci sarà un nome che possa ottenere un consenso plebiscitario, ma non è questo il punto, adesso.
La questione, oggi, è la fine di un monopolio patriarcale che non è solo simbolico, ma è anche concreto e pesante circa la palese inviolabilità da parte di una donna in Italia di accedere alla carica più autorevole delle istituzioni.
Da tempo le bambine non rispondono più, alla domanda ‘cosa vuoi fare da grande’: “Il presidente della Repubblica, o  l’avvocato, l’astronauta, il vigile del fuoco”.
Ai miei tempi, quelli per intenderci di Dalla parte delle bambine di Elena Gianini Belotti  era più frequente, paradossalmente, rispetto ai nostri, nei quali le aspirazioni verso l’età adulta hanno subìto, in questo ventennio sciagurato, una discesa in picchiata verso ruoli più tradizionali, ancillari e rassicuranti per la stabilità del patriarcato. Bello sarebbe se al Quirinale andasse una donna, e le bambine italiane potessero finalmente mettere insieme grammatica e realtà, e dire, a ragion veduta: ”Da grande voglio fare LA presidente della Repubblica”.

di Monica Lanfranco



mercoledì 3 aprile 2013

Politica, sostantivo femminile: appunti in preparazione del seminario di Officine del pensiero femminista ad Altradimora 6/7/8 settembre 2013


di Monica Lanfranco

Forse, quando nel settembre 2012 all’ultimo seminario di Altradimora su Storia delle donne/storia di donne abbiamo deciso che l’appuntamento del 2013 sarebbe stato sulla politica eravamo, al solito, preveggenti, ma credo che una situazione così complessa, difficile e a tratti inquietante, almeno per alcune di noi, non era attesa.
Riporto di seguito alcuni brani di un articolo di Ilvio Diamanti, che mi ha colpito perché, nelle pieghe della mutazione antropologica, sociale  e politica nella quale siamo immerse, penso sia molto importante lo spostamenti del linguaggio e quindi della comunicazione che inevitabilmente in-forma anche i contenuti.

I politici della Prima Repubblica. Erano incomprensibili. Il linguaggio era fatto apposta per non essere compreso. Se non da loro. Al loro interno. Messaggi cifrati. Obliqui. Paralleli. I cittadini, d'altronde, non se ne occupavano troppo. I discorsi politici e dei politici: non li interessavano. Tuttavia, la società non era estranea al contesto politico. "Con-testo", appunto. Un "testo" condiviso. Perché la politica è rappresentanza e rappresentazione. I "rappresentanti" riflettono la società e la società vi si riflette. Almeno in parte. E il linguaggio ne era lo specchio. Così, le persone parlavano in modo "educato". In pubblico. Le parolacce non erano ammesse. Quando scappavano, il responsabile veniva guardato con un sorriso tirato, di riprovazione. Sui giornali e sui media, poi, guai. Quel "Cazzo!", pronunciato sapientemente da Zavattini, nel 1976, fece rumore. Anzi, fragore. Mentre quando Benigni in tv, ospite della Carrà, recitò tutti i sinonimi della "passerottina" (dalla chitarrina alla vulva...), sollevò grandi risate, ma molto meno clamore. Era il 1991. Il muro di Berlino era caduto. E stava travolgendo anche il sistema politico italiano. Seppellendo, insieme alla Prima Repubblica, una civiltà formalista e un po' ipocrita. Dove il distacco tra società e politica era riprodotto dall'impossibilità di comprendere quel che avveniva "in alto". I politici non erano apprezzati né, tanto meno, stimati. Anche prima di Tangentopoli. Venivano considerati disonesti. Inattendibili. Disinteressati ai problemi della "gente comune". Eppure non ci si faceva troppo caso. Tutti votavano sempre. Allo stesso modo.. 
…….Oggi, anzi, da almeno vent'anni: la scena è cambiata. I politici sono impopolari come prima, più di prima. Ma nessuno si fa scrupolo a dirlo. Neppure i politici. I quali si fanno schifo e se lo dichiarano reciprocamente. Non c'è nessuno, d'altronde, che sia disposto ad ammetterlo. Di essere un politico. Neppure i dirigenti di partito, i parlamentari, i senatori. Tutti im-politici. Il vetro che separava i politici dalla società e la società dai politici: si è rotto. Certamente, almeno, dal punto di vista della comunicazione e del linguaggio. L'alto e il basso. Chi sta in alto, i rappresentanti, insegue chi sta in basso, i rappresentati. E scende più in basso possibile. Tutti leader e tutti follower. Gli "eletti" fingono di essere come il "popolo". Per imitare il "volgo" cercano di essere "volgari". E ci riescono perfettamente. Senza fatica. Perché spesso sono peggio di loro. Nei comportamenti e nelle parole. Hanno trasformato il Parlamento e la scena politica in un luogo dove non esistono limiti né regole. Ai discorsi, al linguaggio. 
Fra i rappresentanti e i rappresentati, è un gioco di specchi infinito. Così l'esibizione di chi "ce l'ha duro" si alterna al grido di "Forza gnocca". Mentre si sviluppano relazioni internazionali tra "Cavalieri arrapati" e "Culone inchiavabili". Di recente, infine, nelle piazze, nei palazzi e sui media echeggiano i "vaffanculo", ripetuti all'infinito. Da chi rifiuta di dialogare con i "morti-che-parlano-e-camminano". Con i "padri puttanieri della Patria". Che sono già morti. E, comunque, "devono morire". Il più presto possibile. Per cambiare davvero il Paese.
È il clima del tempo. Il linguaggio del tempo. (Ben riassunto nel Dizionario della Seconda Repubblica, scritto da Lorenzo Pregliasco e di prossima pubblicazione per gli Editori Riuniti). Contamina tutto e tutti. Anche gli artisti più gentili. Perfino lui, l'Artista a cui mi rivolgevo nei momenti più concitati. Quando vivevo "strani giorni". Mi rassicurava, sussurrando: "avrò cura di te". Anche lui, divenuto "politico", descrive il Parlamento come un luogo affollato di "troie disposte a tutto". 
E, allora, perché resistere? Perché rivolgersi, ancora, agli altri in modo educato? Perché chiedere rispetto: tra genitori e figli, professori e studenti, autorità e cittadini, immigrati e residenti, vicini e lontani, amici, conoscenti e sconosciuti. Perché? E perché limitarsi alle parole e non passare alle vie di fatto? D'altra parte, la distanza è breve. Le parole sono fatti.”

Parto da queste considerazioni, fatte da un uomo, perché una delle difficoltà più grandi, a mio parere, che ha incontrato l’analisi sulla politica di molti gruppi e singole femministe è stata quella di parlare spesso una lingua lontana e criptica, e di sottovalutare che da oltre due decenni non era più chiara, nella realtà come nella percezione di essa, la differenza tra la politica e i partiti.
Personalmente me ne sono accorta con sgomento in due occasioni: negli anni in cui ho insegnato all’Università di Parma e quando facemmo il video Giovani femministe.
In entrambi i casi alla parola politica veniva attribuito un significato negativo da parte dei e delle giovani, sovrapposto fastidiosamente alla cattiva reputazione che stigmatizzava i partiti: come a dire che se affermavi di essere una attivista femminista e quindi facevi politica eri sospetta di stare portando acqua al mulino di qualche odioso partito.
Per questo non risultava neppure chiaro a chi non era nei gruppi e nei movimenti  che la critica ai partiti e alla politica maschile non era una demolizione della politica nel suo senso originario.
Una delle parole, e dei concetti, maggiormente usate dal fraseggio femminista è stata estraneità:
un atteggiamento chiarissimo e puntuale, che però ha contribuito a isolare le femministe e le attiviste, facendo emergere da una parte soggettività femminili neutre (a destra ma anche a sinistra) e dall’altra spingendo l’onda che sembrava riemersa con Snoq, (dopo Usciamo dal silenzio e il ritorno in pista dell’Udi), nella risacca del trasversalismo, propugnando la sacrosante presenza femminile in ogni dove, ma senza dire quale segno di femminile e di politica femminile fosse necessario.
Rispetto ad altri paesi europei è sembrata impossibile anche solo da pensare e da ragionare la proposta di una lista solo di donne (e di femministe), anche senza configurarsi come un partito, o comunque rompendo la logica del legame stretto e necessitante con le strutture tradizionali: al grande incontro di Pestum, che poteva essere uno dei luoghi dove ragionarne, non è emerso molto su questo.
Ora, con l’imperare della antipolitica come sinonimo del rifiuto rabbioso non tanto dei partiti, ma della politica stessa come luogo dove si  elaborano insieme le priorità, i bisogni e i desideri delle donne e degli uomini che abitano e danno corpo alla cittadinanza,  l’emergenza è quella di ritrovare senso. 
Intanto di tornare a fare e a dire della politica come politica delle donne.
Trovare ponti verso le donne, anche più giovani ma non solo, che oggi sono dentro alla politica (nei movimenti come nelle istituzioni)  ma che non hanno la percezione dell’importanza della differenza di genere, e sono formidabili portatrici d’acqua nel mare della neutralità.
Ponti per arginare l’ennesima cancellazione non solo delle donne come corpi, ma come intelligenze e visioni lontane e antitetiche a quelle del patriarcato.
Ponti, iniziative e pratiche che formino, anche, le e i giovani alle priorità della politica: non solo, giustamente, diminuzioni di stipendio al parlamento, ma anche rinarrazione sistematica della storia dei diritti e delle analisi dei femminismi.
Né estranee, né cooptate, né indifferenti, né escluse dalla politica. 
L’incontro di Altradimora vorrei che rimettesse al centro visioni, strumenti e progetti politici con ottica di genere che ci mettessero tutte in grado, chi da fuori chi da dentro le istituzioni, di non indebolire l’azione comune e di non cancellare, con il disconoscimento per ignoranza e incuria, la ricchezza prodotta da quattro generazioni di donne.