sabato 11 ottobre 2014

Déjà vu Genova. La pessima politica, la storia che si ripete, gli angeli che tornano

 Oggi come nel 2011. Stessi torrenti, stesse bombe d'acqua, stesse sorprese. Stessa politica che - invece - non ci stupisce mai: non cambia, non sistema nulla, non previene nulla, non dà risposte, non soccorre, non individua responsabili. 

Nel lutto che si rinnova riproponiamo, qui, immagini di 3 anni fa, con le parole di ragazze e ragazzi, angeli del fango: politici sordi e irresponsabili, ascoltatele.


sabato 27 settembre 2014

Ma che bella differenza!

Azioni Politiche di Donne: proposte e buone pratiche per affrontare il sessismo, l’omofobia e il razzismo attraverso favole, storie e corsi per le scuole.
Presenti a Ma che bella differenza! oggi, con i loro interventi Irene Biemme (Scienze della Formazione Un. di Firenze, autrice di "Educazione sessista. Stereotipi di genere nei libri delle elementari"); Pino Boero (Ass. Scuola Sport e Politiche Giovanili; docente presso Dip. Scienze della Formazione); Giulia De Franchi (di Scosse, coautrice dei corsi “Educare alle differenze”); Monica Martinelli (Ed. Settenove, progetto culturale di prevenzione alla violenza); Anselmo Roveda (Scrittore).

Un tassello di un più ampio percorso per contrastare gli stereotipi di genere (vi segnaliamo in merito questo pezzo di Stefania Prandi), nell'interesse di tutti e di tutte.
Sabato 27 settembre 2014, h. 15:30, Sala Conferenze della Regione Liguria, in piazza De Ferrari  a Genova. 

giovedì 31 luglio 2014

Chi ha paura dell’equa rappresentanza di genere nelle istituzioni?

di Monica Lanfranco

Un passo avanti, due o tre indietro: si potrebbe riassumere così il tormentato stato delle cose sulla parità di genere nella rappresentanza in Italia. 
A novembre del 2012 il consiglio regionale pugliese bocciò la proposta di legge d’iniziativa popolare, sostenuta da oltre 30mila firme. L'obiettivo era modificare la legge elettorale regionale introducendo la doppia preferenza, cioè l'equa rappresentanza numerica, maschile e femminile, nelle liste elettorali e l'obbligo di esprimere sulla scheda due preferenze, una maschile e l'altra femminile. 
Un anno dopo invece, a maggio, in oltre 700 comuni si votò così, e in un video promosso dalla Rete per la parità e dal sito della Rete delle reti si fece anche un po’ di umorismo per diffondere l’informazione


Ma, poco dop,  alla Regione Sardegna si ripetè il copione pugliese. E’ di ieri la notizia che il ConsiglioRegionale della Liguria ha approvato un testo di legge elettorale nel quale le liste dovranno sì essere composte al 50% da entrambi i sessi ma senza doppia preferenza di genere, con la quale si è votato invece per le Europee. Prima del voto la Commissione Regionale ha ascoltato la Rete di donne per la politica, nella quale sono presenti quasi tutti i gruppi di attiviste di Genova. Sembra che, oltre all’esito non fausto, l’incontro sia stato istruttivo (in negativo) perché ha evidenziato come un’istituzione intermedia, come la Regione, non lontana come può apparire il Parlamento nazionale o quello Europeo, mostri un volto decisamente non amico nelle relazioni con la cittadinanza, per non parlare dell’assenza di cultura di parità. Laura Guidetti, che era all’incontro, ha scritto una memoria di quelle ore di audizione che vale la pena di condividere, perché è uno spaccato di un pezzo di ‘democrazia’ istituzionale in Italia. Laura scrive: 
A cominciare dall’accoglienza le cose non sono andate bene: abbiamo dovuto dare i nominativi 24 ore prima, i dati personali sono stati trascritti all’ingresso senza dire se sarebbero stati conservati o distrutti a fine giornata (e la privacy?); l’audizione sembrava una interrogazione scolastica, non un gruppo di cittadine che interloquiva con rappresentanti eletti: ci viene spiegato che dopo l’illustrazione delle nostre ragioni i consiglieri possono fare domande ma noi no. Il presidente della commissione dà la parola ai consiglieri chiamandoli per nome e cognome, dando per scontato che noi li si conosca e si sappia a quale gruppo politico appartengano, nessuno si presenta. Al tavolo della commissione su venti persone solo tre donne: due impiegate dell'ente, una consigliera. L'impatto è notevole, si parla di riequilibrio di genere e basterebbe guardarsi attorno per averne una visione più chiara e diretta di qualunque discorso. Chiediamo tre cose: che nelle liste i nomi delle candidature siano alternati; che si possano esprimere due preferenze purché siano per candidati di sesso differente (cosiddetta doppia preferenza di genere); che le candidate abbiano pari accesso ai media durante la campagna elettorale. E’evidente da subito, negli interventi dei commissari, che il problema è di fondo: c'è chi pensa che le donne nei luoghi della rappresentanza e del potere siano un'anomalia per la democrazia, e creino instabilità e scompenso; c'è chi non si vergogna a dire che la seconda preferenza, sicuramente di genere femminile, è una "seconda scelta", uno scarto, un voto di serie B e che questi voti porterebbero nei consigli elettivi persone (donne) non competenti, perché è evidente che la prima scelta è costituita da candidati maschi di fatto eccellenti; c'è chi si arrampica facendo ipotesi fantapolitiche secondo le quali si potrebbe candidare e far eleggere la propria moglie e pertanto arrivare a disporre di due voti in consiglio (perché la moglie, si sa, sarebbe una minus habens facilmente manovrabile); in questo mercato non manca chi ci chiede se la quota del 30% di donne nelle liste per noi sarebbe sufficiente”. La memoria di Laura è ancora lunga, e chi vorrà potrà leggerla  per intero su facebook: mi pare comunque istruttivo e rivelatore come, mentre si danno, quasi con fastidio, acquisiti e scontate diritti e parità, la strada è ancora lunga. Se l'umanità è fatta di uomini e donne, scrive Laura, è bene che siano rappresentati entrambi i generi in queste istituzioni,(anche se non mi piacciono così come sono) per addestrare i nostri cervelli a vedere facce e corpi di donne in ogni luogo e occasione, perché diventi 'normale' notare quando ciò non accade.

martedì 17 giugno 2014

Italia, mondiali e bagno di sangue

Possiamo proporre che, alla prossima partita della Nazionale, giocatori e spettatori portino il lutto al braccio?
Sono tantissime le comunicazioni che, a poche ore dalla strage familiare di Motta Visconti (alla quale sono seguìti altri due femminicidi), continuano incessanti tra gruppi, associazioni di donne, singole e singoli. Un amico mi manda un sms: Come si fa a non vergognarsi di essere un uomo -  scrive.
Sgomento, rabbia, senso di angoscia, il desiderio di fare qualcosa di concreto, forse una manifestazione nazionale, flash mob locali, momenti collettivi per condividere la paura e l’impotenza, in un paese europeo nel quale non c’è nemmeno più un riferimento ministeriale nel quale far procedere il faticoso cammino della formazione al rispetto tra i generi fin dall’asilo, uno dei più importanti argini, se non il primo strumento, per educare alla nonviolenza, e dove i centri antiviolenza faticano a stare in piedi.
La sensazione fisica è quella di essere nel plot di un testo alla Stig Larson, mentre invece di realtà si tratta: della nostra, quella della notte prima degli esami di molti figli e figlie, della vigilia della nuova partita della Nazionale, che verrà rumorosamente giocata con tre donne, una bambina e un bambino in meno, dei quali sappiamo perché mancano all’appello.
Il mondo non si ferma per le stragi perpetrate da uomini che uccidono le donne, si ferma per le partite del mondiale. Mesi fa sono stata invitata per un ciclo di incontri culturali: e le date sono state accuratamente scelte evitando gli appuntamenti calcistici dell’Italia.
Se avessimo letto, in un romanzo, o visto in tv o al cinema, che l’assassino prima stermina la famiglia e poi siede al bar ad esultare per la vittoria pallonata  avremmo pensato ad una trovata grottesca. Invece è tutto vero, e manca il fiato.
Ancora qualche settimana fa, in una discussione politica, c’era dissenso e critica sull’uso da parte delle ‘femministe’ della parola femminicidio: mai neologismo è stato più avversato, come se la potenza della parola, da sola, suonasse intollerabile. Un fastidioso memento della realtà, che bastasse evitare di nominare per cancellarne la violenza evidente.
Come nell’infanzia si chiudono gli occhi, pensando che il brutto scompaia, così in questo paese, pur a fronte del fiume di sangue che scorre ogni settimana, molte persone continuano a negare. Negare che la violenza contro le donne sia un problema degli uomini, negare che si tratti di una questione politica e sociale, negare che sia una priorità da affrontare subito e con strumenti incisivi nell’educazione alla sessualità responsabile, nella formazione, nella prevenzione, dalla famiglia, alla scuola ai luoghi di lavoro.  Quando una società chiude gli occhi, però, sappiamo cosa accade, la storia lo ha ampiamente documentato. C’è un passaggio della bella lettera scritta dall’Udi di Napoli, sui fatti di Motta Visconti, che usa una chiave di lettura importante, racchiusa della parola ‘libertà’.
Per lungo tempo – si legge nel comunicato - la violenza perpetrata in famiglia e dalla famiglia è stata dissimulata, trattata come un’anomalia di un istituto che di per sé protegge. Un istituto che protegge e che, se non lo fa, si è pensato e si pensa, è per errori e manchevolezze delle donne, spesso vittime.  In questo impianto culturale nelle separazioni tra donne e uomini esplode l’ineguaglianza profondamente voluta e coltivata nel nostro sistema: la prospettiva dell’annientamento è la minaccia immanente sull’esistenza femminile sia che le donne lascino, sia che vengano lasciate da un uomo. L’uomo che ha ucciso la moglie e i figli per riconquistare la sua libertà ha mostrato nel modo più incontrovertibile che nella libertà degli uomini non c’è spazio per quella delle donne, e che anzi la loro libertà esclude quella delle donne. Lasciare una donna, che sia quest’ultima favorevole o no alla separazione, rappresenta, di fatto, la liberazione dei suoi gesti e l’impossibilità di condizionarli. 
Un nodo non da poco: in questi decenni il concetto di libertà è stato progressivamente sganciato da quello di responsabilità, sia nell’individualità che nel collettivo. Come la cronaca ci mostra, lo spezzarsi di questo legame ha conseguenze spaventose.

giovedì 1 maggio 2014

Il femminismo come strumento di critica e autodifesa: week end di formazione conviviale

Il contrario di femminismo non è maschilismo. E' masochismo (Gloria Steinem)

Dal 6 all'8 giugno 2014, il femminismo come strumento di critica e autodifesa
Un Week end di formazione conviviale tra donne ad Altradimora (Caranzano-AL)
Facilitatrice Monica Lanfranco
Il seminario si propone due obiettivi:

1) Avvicinare donne di diverse età e provenienza alla conoscenza del percorso storico, politico e tematico dei movimenti delle donne in Italia, e delle conquiste sociali, politiche, economiche e culturali della popolazione femminile.
 
2) Approfondire, con l’uso di materiali multimediali, il tema della presenza del corpo femminile nella politica, nella cultura, nell’immaginario e nella comunicazione.


Il presupposto dal quale parte questa offerta formativa è che senza una buona conoscenza delle radici della propria libertà di donne non si è in grado di poter trasmettere ad altre, e difendere, quelle stesse libertà che si stanno esercitando.

Altradimora vi accoglie in camere da 2/3/4 posti forniti di biancheria e asciugamani; si mangia vegetariano (chi ha problemi di intolleranza lo segnali a Monica).
Si arriva dopo le 18 di venerdì, si cena, si vede un film assieme. Sabato si lavora dal mattino alla sera (con pausa pranzo e cena). Domenica si lavora fino a pranzo, ripartendo nel primo pomeriggio, dopo uno spuntino.
Sono gradite vettovaglie (cibo e vino) da condividere con le altre.
Chi non potesse arrivare venerdì può arrivare sabato entro le 10. Se è possibile portare con sé un oggetto caro (libro, abito etc) con il quale raccontare in breve la propria storia di donna.
Contributo 65 € - Iscrizioni entro 22 maggio
Scrivere a monica.lanfranco@gmail.com oppure tel. 347 0883011
Arrivare in treno: la stazione più vicina è Acqui Terme (vi si viene a prendere)
Arrivare in auto: si esce o a Ovada o ad Alessandria, poi verso Acqui terme.

Altre info su www.altradimora.it e sulla pagina facebook  

giovedì 10 aprile 2014

#Womenaeurope. Prima riunione della rete WAE: due riflessioni

Il 6 aprile 2014 si è tenuta a Milano la prima riunione della rete Wae di Womenareurope
Luciana Bova e Assunta Sarlo, due tra le oltre 100 partecipanti, condividono qui alcune riflessioni sulla situazione italiana alla vigilia della manifestazione del 12 aprile contro la legge 194, e dopo la campagna sulla fecondità lanciata dalla ministra Lorenzin:

sabato 8 marzo 2014

8 marzo 2014: appunti dal femminismo

Un breve video con le tre parole chiave utili per ri-cominciare a narrare il percorso di conquiste di libertà che le donne che hanno partecipato al movimento di liberazione hanno messo a disposizione di tutte e tutti.
Buon 8 marzo tutto l'anno a tutte!


martedì 25 febbraio 2014

WAE-Women Are Europe fa un bilancio e rilancia

WAE (Women Are Europe) è la rete che dall’Italia ha organizzato il supporto ai movimenti delle donne spagnole contro la gravissima offensiva fondamentalista sull’autodeterminazione nei diritti riproduttivi. Monica Lanfranco ha incontrato a Firenze Lea Fiorentini Pietrogrande per fare il punto sull’evoluzione delle rete e sulle prossime iniziative in Italia e in Europa. Riattiviamoci da tutte le regioni, è il momento di farlo proiettandosi in Europa.
Ascoltate l'intervista su www.radiodelledonne.org

giovedì 13 febbraio 2014

Rising for Justice: a Genova e dintorni

Ci vediamo per danzare con One Billion Rising a Genova, per la giustizia, contro la violenza sulle donne, venerdì 14 febbraio alle 17:30 in Via Garibaldi davanti al Municipio.
Indosseremo tutte i colori rosso e nero di OBR… Se non hai potuto partecipare alle prove non importa, se vuoi ripassare la coreografia la trovi qui:



L'iniziativa genovese è organizzata da Snoq Genova, Cgil, Spa Politiche di donne e Rete di donne per la politica, con la collaborazione con la Palestra Push & Pull, e con il patrocinio del Comune di Genova e del Municipio I Centro Est. A livello nazionale: Coordinamento OBR Italia,  • Altri appuntamenti in Liguria:
• LA SPEZIA: Piazza Mentana 
• VENTIMIGLIA: Piazza Sant'Agostino ore 17.00 

mercoledì 12 febbraio 2014

Di ritorno dalla riunione di Torino sul bilancio al femminile delle giunte 50e50

di Laura Guidetti (Marea), Genova
Condivido con voi alcune riflessioni portate alla prima riunione, svoltasi a Torino, nell'ambito del progetto per una prima valutazione, da parte delle donne, delle giunte 50e50.
Il caso Genova: alcuni dati sociali e politici che non abbiamo saputo prendere in considerazione sotto la spinta della formula 50/50, più donne nelle giunte, che sembrava di per sé efficace per introdurre un cambiamento nella politica delle amministrazioni locali.
Parto da un pensiero di fondo, che il livello di emancipazione delle donne genovesi  medio alto. Hanno avuto un ruolo importante nella resistenza; numerose sono entrate a lavorare nelle fabbriche quando mancava la manodopera maschile; hanno inaugurato il calo demografico e continuano a mantenere un tasso di natalità tra i più bassi; a Genova si verifica il più alto numero di divorzi e nei matrimoni la scelta prevalente  per la separazione dei beni;  tra le città con un maggior numero di associazioni femminili, pur con pochissima integrazione fra loro.
Altri dati (tratti da Cambiare le parole per cambiare il mondo di G. Ruggeri): 1) da un sondaggio Abacus del '99: alle donne genovesi interessa parecchio meno che alle italiane se ci sono più donne in politica 2) da una ricerca del 2007 pubblicata da Leggendaria, dedicata alle posizioni apicali delle donne, a Genova le donne ai vertici di Enti e Istituzioni erano parecchie ma non se ne erano neppure accorte, men che meno avevano avuto l'idea di fare rete a vantaggio di tutte. 3) nello stesso periodo, da un altro sondaggio Abacus somministrato alle consigliere comunali, era emerso che nessuna di loro aveva cercato il voto delle donne in campagna elettorale; dichiarando di aver fatto ogni sforzo per essere considerate come persone.
Come era possibile, con queste premesse, aspettarsi il cambiamento solo attraverso un riequilibrio numerico tra uomini e donne nelle giunte e nelle assemblee elettive? Abbiamo scambiato la forma con il contenuto: era più facile affidarsi alla formula 50/50 piuttosto che entrare nel merito dei problemi della governance in periodo di crisi economica e sociale. Chi  intervenuta in modo critico, a partire dall'altra formula dominante il dibattito, quella della trasversalità,  rimasta ai margini, con una Snoq che occupava gli spazi mediatici coprendo le voci alternative. Ben presto però abbiamo visto eclissarsi tutte quelle candidate che hanno partecipato agli incontri per promuovere le donne nella politica, sia quelle elette che non (in contatto ne sono rimaste proprio poche): andava bene la vetrina elettorale ma poi  finita lì.

sabato 8 febbraio 2014

Gioco d'azzardo: da Genova un esempio per tutte le amministrazioni

Abbiamo descritto qui le spaventose dimensioni del business del gioco d'azzardo, e le sue ancor più spaventose conseguenze sulle famiglie italiane. Ora la Liguria, grazie a Elena Fiorini, Assessora alla Legalità e diritti del Comune di Genova, dà un importante esempio alle altre amministrazioni, con un regolamento sul gioco d'azzardo tendente a disciplinare l’apertura delle sale slot. 

Per contrastare il fenomeno il regolamento impone una distanza minima di 300 metri da "luoghi sensibili" come scuole, parchi pubblici, stabilimenti balneari, e di almeno 100 metri dagli sportelli Bancomat; norme che i gestori che lucrano sulla disperazione e sulle ludopatie hanno cercato di bloccare con ben 15 ricorsi, ma invano. Il Tar ne ha infatti ritenuto legittimi i procedimenti in materia di regolamenti comunali e in base ai principi della Corte Costituzionale, limitando solo la regolamentazione degli orari, che richiederebbe apposita ordinanza sindacale: su questi il Consiglio comunale può invece dare delle linee guida. L'assessora ha così commentato: “Il Tar ha dato una sentenza importante e articolata che riconosce la piena competenza ai Comuni a disciplinare l’esercizio del gioco sul loro territorio, senza invasione di competenze statali. E’ un nuovo tassello che si aggiunge alla legge regionale per arginare il fenomeno dei mini casinò proprio di supporto ai cittadini e di supporto alle tante istanze che ci sono state da parte della cittadinanza per non vedere le persone coinvolte e rovinate dal gioco. Ci stiamo muovendo nella strada giusta per la tutela della sicurezza, dell’incolumità e della salute. L’amministrazione genovese sta dimostrando che si può fare, auspichiamo che molti comuni ci seguano su questa strada”.


Scrivono i giudici del Tar Liguria: "A conferma dell’orientamento recentemente espresso con sentenza nr. 158/2013, il ricorso è infondato e va respinto e ciò rende privo di interesse l’esame delle eccezioni in rito variamente formulate dall’Amministrazione resistente”. E questo il testo della sentenza:
La prima deduzione difensiva, con la quale si lamenta l’incompetenza del dirigente comunale all’adozione del provvedimento di diniego di installazione delle macchine di raccolta di gioco lecito di tipo “videopoker” relativamente agli aspetti disciplinanti la relativa localizzazione ai sensi della LR nr. 17/2012, va respinta con semplice richiamo alla sentenza nr. 158/2013 che ha già chiarito come tale competenza sussista ai sensi dell’art. 107 TUEL, applicabile al caso di specie trattandosi di atto ampliativo della preesistente autorizzazione commerciale per la rivendita di alcuni generi di monopolio e riconducibile al genus di cui all’art. 86 del RD 773/1931.
La seconda deduzione difensiva, secondo cui la disciplina di cui alla LR n. 17/2012 non troverebbe applicazione per le rivendite di tabacchi, è infondata, attesa la circostanza ampiamente evidenziata negli scritti difensivi del Comune di Genova, secondo cui la medesima LR distingue espressamente tra “sale giochi” e “gioco lecito nei locali aperti al pubblico” (cfr. art. 1, comma 2, che disciplina l’ambito di applicazione) e si propone, tra i suoi obiettivi, di regolamentare la distribuzione delle apparecchiature per il gioco lecito sul territorio, nell’ambito delle competenze spettanti alla Regione in ordine alla tutela della salute e delle politiche sociali, al fine di prevenire il vizio del gioco anche se lecito, condizioni, queste, cui è del tutto razionalmente preordinata una disciplina uniforme che non avrebbe senso limitare esclusivamente alle sale giochi solo perché le rivendite dei tabacchi hanno già, nel proprio patrimonio, la possibilità di rivendere altri generi di giuochi e scommesse (che non sono omogenei a quelli per cui è causa, considerate le differenze strutturali anche in termini di impatto psicologico individuale sull’utenza).
Questi ultimi argomenti conducono il Collegio a dover ritenere la manifesta infondatezza dei vari profili di incostituzionalità della norma che sono stati prospettati dalla parte ricorrente e che quest’ultima ripropone assumendo che non sarebbero stati trattati nella sentenza della Corte Costituzionale nr. 300 del 10 novembre 2011.
In particolare, è manifestamente infondato il primo motivo di illegittimità dedotto al capo nr. 4 del ricorso, con il quale si contesta la razionalità della previsione legislativa nella parte in cui colpirebbe immotivatamente le rivendite dei tabacchi che già operano in settori di gioco (come le lotterie, i gratta-e-vinci etc.) a discapito di altri locali, e con il quale si contesta altresì che la limitazione dei 300 metri dai luoghi di culto implicherebbe discriminazione religiosa: in tutta evidenza, la limitazione spaziale non colpisce alcune rivendite a discapito di altre, ed è ispirata alla tutela di determinati luoghi solo in ragione della normale utenza che vi fa capo, con evidenti implicazioni di ordine sociale che non assumono a proprio oggetto di tutela protezione di sentimenti religiosi o altri presupposti discriminanti.
Che poi l’uso delle macchine sia interdetto ai minori degli anni 18, come prospetta parte ricorrente, non ha attinenza con la disciplina delle distanze da luoghi come le scuole, dal momento che quest’ultima attiene ad un diverso profilo inerente profili di salvaguardia fattuale degli interessi che il legislatore vuole tutelare.
Analoghe considerazioni vanno quindi svolte per l’ulteriore aspetto di irrazionalità della legge che secondo parte ricorrente (al punto 4.2 del ricorso) sarebbe da ravvisarsi nella indimostrata incidenza delle distanze sulle esigenze di protezione della sicurezza urbana, viabilità, inquinamento acustico e quiete pubblica: l’installazione di macchine da gioco, già in tesi, è volta ad aumentare i servizi rivolti alla clientela delle rivendite come quella del ricorrente, e dunque astrattamente idonea ad incidere sulla quantità della clientela, con conseguente non manifesta irrazionalità della disciplina regionale.
Quanto sopra indicato circa la corrispondenza tra la disciplina delle distanze e le finalità di prevenzione sociale che la legge esplicitamente raffigura consente poi di respingere l’ultimo argomento con il quale parte ricorrente vorrebbe evidenziarne l’illegittimità costituzionale, perché non sussiste alcuna interferenza in profili di legislazione statale, che assolve invece ad altri requisiti di tipo soggettivo e di tutela dell’ordine pubblico.
Da ultimo va affrontato l’ argomento di censura secondo cui la disciplina delle distanze di cui alla LR in esame sarebbe inerente la materia della disciplina tecnica di rilievo comunitario.
Anche tale argomento di censura va respinto, dal momento che la disciplina tecnica afferisce alla dimensione ontologica del prodotto e delle sue caratteristiche di offerta, non alla localizzazione che è questione esterna ad esso e meramente territoriale, quindi estranea alle materie indicate.
Per tutte queste ragioni, dunque, il ricorso è infondato e va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta. Condanna parte ricorrente alle spese di lite che liquida in € 2.000,00.
Fonte della sentenza: agenzia DIRE


sabato 1 febbraio 2014

#YoDecido: le donne liguri dicono NO alle leggi contro i diritti delle donne

1 febbraio: #YoDecido, #Womenareurope, vogliamo un'Europa laica e dei diritti. Politicafemminile, insieme alla Rete di Donne per la Politica di Genova e a tutte le donne attive nella regione, invita tutte e tutti a partecipare alla protesta contro la proposta di legge presentata dal ministro Gallardòn, che vuole spazzare via i diritti delle donne spagnole in termini di autodeterminazione e salute. 

Dalla Liguria parteciperemo alla chiamata della rete Womenareurope aderendo al mailbombing all’ambasciata spagnola. Chi vuole unirsi a noi invii la mail che segue agli indirizzi: emb.roma@mae.escog.roma@mae.esambespit@mae.es

Poiché io decido partendo dall’autonomia morale, che è la base della dignità di tutte le persone, non accetto nessun obbligo o divieto posto ai miei diritti sessuali e riproduttivi, nessun impedimento alla mia totale realizzazione in quanto persona. In quanto essere umano autonomo, rifiuto di sottostare a trattamenti degradanti , a ingerenze arbitrarie e a tutele coercitive rispetto alla mia decisione di diventare o non diventare madre.
Perché sono libera invoco la libertà di coscienza quale bene supremo e fondamento delle mie scelte. Chiamo cinici coloro che evocano la libertà per restringerla , in nome della libertà malevoli coloro che vogliono imporre i loro principi di vita fondati sulla rivelazione divina senza badare alle sofferenze che comportano. Come essere umano libero non accetto una maternità imposta e un regime di tutele che condannano le donne ad essere eterne minorate sotto il profilo dell’ età sessuale e della riproduzione.
Perché vivo in democrazie e sono democratica, accetto le regole del gioco che separano i diritti dal peccato e le leggi dalla religione. Nessuna maggioranza uscita dalle urne , può, per quanto assoluta, legittimarsi nel trasformare i diritti in delitti e obbligarci a seguire dei principi religiosi sotto ricatto penale. In quanto cittadine , esigo dai nostri governanti che preservino la democrazia e salvaguardino la pluralità anziché il dispotismo.
Perché io decido, perché io sono libera e perché vivo in democrazia, esigo dal Governo di qualunque colore sia, che promulghi leggi favorevoli all’ autonomia morale, garanti della libertà di coscienza e della pluralità e diversità di interessi.
Perché io decido, perché sono libera e perché vivo in democrazia, esigo che sia mantenuta l’attuale legge sulla salute sessuale e riproduttiva e sull’IVG per promuovere l’autonomia morale, preservare la libertà di coscienza e garantire la pluralità di interessi per tutte le donne.

venerdì 3 gennaio 2014

Appunti di fine anno: Manutenzioni e altri futuri possibili

Appunti di fine anno: Manutenzioni e altri futuri possibili

di Monica Lanfranco*


Sto ad Altradimora, nel silenzio della campagna invernale piemontese il cui freddo tanto mi piace e corrobora il mio essere, decisamente, (nonostante i natali marini), una nordica d’elezione.
Se mi metto ad ascoltare il silenzio e chiudo gli occhi, per aiutare meglio l’udito a primeggiare, sento le voci, i rumori, i suoni che senza segni evidenti sono comunque rimasti, impalpabili e potenti, lasciati dalle presenze dei cinque anni trascorsi di seminari e incontri.
Alle fine è proprio così: questo luogo, come ha detto una volta Rosangela Pesenti, è il (raro per l’Italia) progetto politico aperto alla collettività di una femminista che vi ha investito la sua eredità.
Ciò che in questi anni è accaduto tra queste mura, e nei verdi spazi aperti circostanti, è stato scambio, relazione, visione, costruzione, conflitto e sogno: molto di quanto pensato in ogni incontro annuale, nelle Officine del pensiero femminista, si è realizzato, non fosse altro il decidere un anno prima tutte assieme l’argomento dell’anno successivo.
Lo stile delle Officine ad Altradimora è quello di Marea, il trimestrale che re - esiste dal 1994, cambiando formato e collaboratrici nel tempo, fino a compiere, proprio nel 2014, i suoi primi vent’anni. Non pochi, in Italia, per un giornale di riflessione e politica femminista.
Lo stile, scrivevo: ovvero provare a ragionare in anticipo, come è inevitabile data la cadenza del trimestrale, sulle parole chiave, sui concetti, che possano racchiudere le visioni delle donne e del pensiero femminista nell’arco dei mesi a venire.
Forse sarà per questo che abbiamo intercettato, molto prima di altri pezzi di femminismo, i tre temi che negli ultimi decenni sono stati al centro del cambiamento e della mutazione antropologica, a tratti drammatica, della politica: globalizzazione, multiculturalismo, maschile.
Di Punto G, l’evento femminista un mese prima del G8 del 2001, abbiamo detto, scritto, prodotto materiali video, audio e numeri speciali, così come sul tema della critica al multiculturalismo, provando a dare voce alle realtà femministe che in Europa, così come nel resto del mondo, si battono contro i fondamentalismi, correndo il rischio di essere rubricate come ‘coloniali’.
Anche su questo argomento abbiamo prodotto molto, personalmente con i libri Donne disarmanti e Senza velo, e poi attraverso Marea dando spazio alle attiviste del Wluml (women living under muslim laws), a Mariam Namazie, alla rete Women’s Fund, solo per citare alcuni nomi.
Ma è del maschile che vorrei parlare più diffusamente, perché recente e ancora in gemmazione è la straordinaria esperienza di Manutenzioni-Uomini a nudo, la piece teatrale destinata a essere recitata da uomini comuni, nata dal mio libro Uomini che odiano amano le donne - virilità sesso violenza: la parola ai maschi.
Ad aprile, con la prima rappresentazione nella piccola Sussisa non avevo colto tutta la portata potenziale della proposta di teatro sociale per uomini: il fatto di essere così vicino a Genova, (e che tra gli uomini ci fossero due presenze familiari) aveva dato maggiormente risalto al lato ‘leggero’ ed episodico della proposta.
E’ stato con il laboratorio e la spettacolo di Modena, voluto grazie all’aiuto generoso della Casa delle donne e di Elena Buffagni che ho capito che la proposta del visionario e vulcanico uomo di cultura Ivano Malcotti, visionario e vulcanico uomo di cultura era quella giusta. Creare un copione dal libro, non inventando nulla ma attingendo da esso per le frasi, i pezzi più incisivi ed emozionanti, un testo da far leggere e recitare da uomini comuni era ciò che doveva essere fatto. Era l’evoluzione necessaria di un percorso di relazione che prendeva il largo, verso approdi inediti.
Il libro è la restituzione scritta senza mediazione delle risposte di 300 uomini a sei domande: la piece è il suo lato  fisico, l’acting out materiale del flusso emotivo che il testo offre, il corpo reale di tutta l’emotività che le parole scritte sono impossibilitate a fisicizzare nella sola lettura.
A Modena prima, a Pinerolo, a Macomer e ad Atzara poi, (in previsione nel 2014 ci sono Bagnacavallo, nel Teatro settecentesco Goldoni, grazie all’aiuto di Nadia Somma e in preparazione a Corciano, Roma, Matera, Torino, Genova e chissà dove ancora) si è realizzato qualcosa che in Italia non era mai accaduto: degli uomini comuni, la cui maggioranza non fa teatro e non si è mai rapportato in prima persona con il lavoro di una femminista hanno coinvolto, oltre a loro stessi, altri uomini, le loro famiglie, pezzi di collettività, (nel caso di Pinerolo la bella prova è stata fatta da attivisti di Uomini in cammino, uno dei gruppi di impegno maschile più antichi in Italia) nella restituzione di parole vere di altri uomini, gli sconosciuti che hanno risposto alle sei domande sulla sessualità, sulla violenza e sulla virilità proposte a giugno del 2012 sul blog.
Quando, durante le presentazioni del libro trovavo uomini e donne che mi dicevano che a casa avrebbero provato a rivolgere le domande ai loro compagni, o che se le sarebbero poste per provare a rispondere, pensavo quello fosse il risultato più gratificante e appagante che chi scrive poteva raggiungere, l’obiettivo migliore del proprio lavoro.
Mi sbagliavo: quella era, ed è, una ricaduta bellissima e importante, ma c’era ancora qualcosa di più che il libro poteva gemmare.
Se è vero che la politica è tale se comprende e si nutre della relazione anche con i corpi allora il progetto di Manutenzioni-Uomini a nudo è il frutto politico maturo,  ricco e fecondo di questo intreccio.
Parlo dell’intreccio tra una femminista (anzi due, oltre a me nella sceneggiatura della piece c’è anche Laura Guidetti) e un uomo come Ivano Malcotti, ma  soprattutto quello tra l’interrogazione di una femminista al mondo degli uomini con le  domande e poi, passo pieno di promesse, nel coinvolgimento del corpo e dell’emozione nella scena teatrale.  
In entrambi i casi si tratta di una chiamata alla responsabilità, e quella attraverso il teatro di parola è un’offerta pubblica di discussione e di rimessa al centro dei temi iniziali cari al femminismo: sessualità, corpo, relazione, responsabilità.
Uscire dal silenzio maschile, dalla tradizionale reticenza degli uomini a confrontarsi con le emozioni, dalla tentazione di svicolare dagli oneri che la relazione e il dialogo chiedono, questo e molto altro significa la scelta di far parte del progetto della piece teatrale.  
La sensazione che ho avuto, confermata ad ogni laboratorio e ad ogni debutto, è che qualcosa di tangibile accada con questa proposta: il circolare di emozione, di commozione, di trepida attesa non è magìa ma l’attuazione concreta del fare politica come manutenzione del quotidiano.
Se è vero che “la vita è al 90% manutenzione”, allora abbiamo visto giusto.
Sarà bello, nel 2014, rimettersi in viaggio verso nuove destinazioni e incontrare altri uomini che vorranno mettersi in gioco, nel laboratorio e poi al debutto, per fare questa esperienza che si può chiamare teatro sociale ma che soprattutto è, per me, minuscola e tenace pratica di erosione e argine contro la violenza maschile e l’ottusa banalità del conformismo degli stereotipi sessisti.  
A presto, dunque, nei teatri (se ci saranno), oppure on the road, in qualunque luogo dove si possa stare insieme a riprogettare relazioni di pace ed empatia.


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